Le foto che di seguito si presentano hanno incuriosito chi scrive e hanno ispirato il titolo di LA STRADA DELLE PALLE DI PIETRA [Nota: la scarsa qualità delle immagini è dovuta al provenire da riprese televisive effettuate dall'autore nel 1991].
Come si vede dalle immagini, si tratta della strada campestre che dalla arteria provinciale asfaltata, nota come strada delle valanghe, immette nell’area di Poggio Cocola e della masseria Poira. Si rimane sconcertati e incuriositi dalla notevole quantità di pietre di forma rotonda o comunque tondeggiante, di arenaria e di basalto che si incontrano per un lungo tratto del percorso.
Questa strada campestre, che certamente ripete un antico tracciato viario, permetteva agli abitanti dell’insediamento di Poggio Cocola di raggiungere sia Centuripe, sia gli altri centri dell’interno, sia di risalire il corso del Simeto.
Queste forme litiche non sono artificiali, non sono prodotte dalla mano di qualcuno. Il corso del fiume Simeto ne è pieno.
Ma certamente qualcuno si è preoccupato di prelevare dal letto del corso d’acqua questi pesanti massi, di caricarli su mezzi di trasporto e di spostarli lungo le strade campestri in forte salita a diversi chilometri di distanza dal luogo di recupero. Qualcuno ha ritenuto di impiegare tempo e fatica, sudore e impegno per abbellire e ornare, secondo la sua valutazione delle cose belle, uno spazio, un tracciato viario, (un tempio di Ercole ?), un luogo dove viveva ogni giorno, allo scopo di raggiungere un migliore livello di vita, una superiore qualità del quotidiano sacrificio.
Chi scrive, ricorda un servizio televisivo di qualche anno addietro, nel quale il prof. Alberto Angela presentava un sito archeologico nel quale era presente qualcosa di simile, un tracciato viario abbellito da due lunghe file di massi rotondi. Se ne deve dedurre che l’uso di abbellire uno spazio con tali oggetti naturali non era un’idea nata soltanto nella mente delle persone che qui abitavano.
Fig. n.28
Figg. n. 29 e n. 30
Figg. n. 31 e n. 32
Figg. n. 33 e n. 34
Figg. n. 35 e n. 36
Figg. n. 37 e n. 38
Figg. n. 39 e n. 40: una macina semisferica e ancora palle di pietra
Non solo palle di pietra, ma anche grandi macine sempre di pietra giacciono sul terreno abbandonate e alla mercè di chiunque transiti per quelle contrade.
In particolare colpisce l’oggetto di fig. n. 39 perché è riconoscibile una macina semisferica per la frantumazione delle olive, come quelle attribuite al perfezionamento di Catone, di un’invenzione di Archimede - cfr. Michele Graziano, Archimede il genio della Sicilia greca, pag. 37, 38 – cioè due semisfere di pietra, collegate da un asse, che girano, mosse da forza animale o umana, all’interno di un contenitore a forma di mortaio, in genere costruito in muratura. Un’altra macina simile come tipo e come dimensioni si vede nei pressi, a pochi metri.
Fig. n. 41: una macina a ruota
A guardare l’immagine di fig. 37, si percepisce che si tratta dell’area dove, con ogni probabilità, sono state edificate le capanne di chi visse e lavorò quei terreni tremila anni fa, la stessa terra che oggi è lavorata dagli attuali proprietari. Su quel terreno dove le macine e le palle di pietra, lucide del sudore di chi le mise in fila per rendere quel panorama gradevole e tale da farlo ricordare a chi vi era nato, non si può sottovalutare né ignorare l’aspetto sociale e culturale della conoscenza e della memoria. Attirare oggi l’attenzione su questi segni della antica memoria e studiare eventi e circostanze connesse con l’evoluzione della vita e della società dovrebbe far aprire gli occhi su una grande finestra sul passato e utilizzarla nel presente.
Chi scrive avrebbe piacere di incontrare e di parlare con i proprietari di questi terreni, prima di tutto per chiedere scusa dell’intrusione e comunque scambiare opinioni e informazioni con chi ha conosciuto minutamente i luoghi e le vicende di questo posto negli ultimi tempi.
Anche la pietra rotonda che si presenta in fig. 41 sembra una macina, ma in forma di ruota.