L’ingresso di Timoleonte di Corinto sulla scena politica e militare della Sicilia, secondo gli studiosi, produsse un notevole effetto politico.
Questo personaggio fu scelto dai suoi concittadini, quale comandante di un gruppo di armati (circa un migliaio) inviato in aiuto degli abitanti di Lentini, i quali avevano mandato messaggeri guidati da un oratore, all’epoca famoso ma il cui nome si è tramandato nelle moderne aule scolastiche, noto come Gorgia da Lentini.
Il problema che i Lentinesi sentivano come grave, era costituito dal diffondersi in Sicilia delle tirannie.
In numerosi centri della Sicilia orientale si andavano imponendo forme di governo autoritarie, che personaggi di volontà più agguerrita riuscivano ad imporre ai concittadini, facendo pesare le proprie risorse economiche o sfruttando il disinteresse dei molti ai problemi della comunità.
Non va sottovalutato il retaggio dei sicani, ancora presenti sul territorio, per tradizione orientati all’accettazione del comando dell’uomo forte, re o condottiero che fosse.
Sappiamo che a Catania comandava un certo Mamerco, a Centuripe un certo Simico, il quale fu convinto da Pitagora a lasciare il potere, ad Agira regnava Agiri, a Siracusa c’erano i discendenti di Dionisio e le lotte per conquistare questa grande comunità erano feroci, con l’intervento interessato delle potenze esterne come i Cartaginesi.
Tutto questo turbinio non passava senza effetti sopra le teste di chi abitava ad Inessa e ad Aitna, proprio al centro delle popolazioni coinvolte.
Timoleonte con i suoi armati e poche navi (dieci galee) arrivò a Reggio nell’anno 343 a. C. e qui trovò venti galee cartaginesi a sbarrare il percorso. Con un gioco di astuzia sfugge al blocco e prende terra a Tauromenio dove era atteso dal signore della città, Andromaco, suo sostenitore.
Andromaco era considerato il migliore dei principi di Sicilia ed ebbe un figlio, di nome Timeo, celebre storico dell’epoca, autore di notissime opere sugli eventi della Sicilia.
Il programma di Timoleonte, diretto a restaurare il regime repubblicano e quindi il governo popolare nei centri siciliani, prende il via in modo casuale, quando viene a sapere che in un piccolo centro, Adrano, sull’altro versante dell’Etna, un piccolo gruppo di suoi sostenitori lo cerca.
Nel locale, interessantissimo, piccolo museo archeologico, ricco di reperti e di informazioni, sono esposti i materiali raccolti negli ultimi decenni, nei vari siti dei dintorni, identificati dagli studiosi, a cominciare dall’epoca preistorica.
Sono esposti i famosi bronzi del ripostiglio del Mendolito e una delle poche iscrizioni in lingua sicula (meno di dieci in tutto) riportata su un sasso lavico facente parte delle mura di questo arcaico insediamento etneo. Su questa iscrizione c’è un “teuto” interpetrato come “popolo” ma Riccardo Ambrosini, a pag. 47 del saggio “L’elemento indigeno” pubblicato sulla Storia della Sicilia vol. I, ed. del Sole, segnala che “Teùtos” è anche un nome sicano.
Sono esposti numerosi vasi provenienti da sepolture e importanti reperti costituiti da oggetti e attrezzi di uso quotidiano anche in ossidiana.
La storia registra che Dionisio il vecchio, nell’anno 401 a. C. fonda Adranon e vi trasferisce gli abitanti di Piakos. In realtà una comunità abitava già in quel luogo, intorno al sito del tempio del dio Adrano, un’antica divinità alla quale si rivolgevano i siculi che abitavano la città del Mendolito di cui è ignoto il vero nome, città già vecchia ai tempi di Dionisio. Dionisio organizzò e ingrandì il nuovo abitato, che divenne un centro importante ed economicamente potente, tanto da poter battere monete con l’indicazione della città emittente.
Uno zoologo biologo, il prof. G. Galvagni, nella prima metà del 1800 ha scritto Fauna Etnea e, tra l’altro si è occupato dei cani dell’Etna, i noti cirnechi. Il Galvagni riferisce di una sepoltura rinvenuta al suo tempo nella località di Pietralunga, presso Paternò, nella quale fu ritrovato lo scheletro di un cane. Esaminato, il reperto fu ritenuto appartenente ad un cane cirneco e risalente al 1400 a. C.
Il reperto, secondo lo studioso, sarebbe stato affidato al museo Kircher di Roma, oggi confluito nel Museo Preistorico ed Etnografico Luigi Pigorini, ma nonostante le ricerche di chi scrive e le insistenze presso gli archeologi che lavorano attualmente nella struttura del museo, notevole e interessante in ogni sezione, in particolare quella che si occupa di paleontologia, il reperto non è stato rinvenuto.
Questa razza di cani che nella zona sono molto diffusi e apprezzati, sono ritenuti fin dall’antichità particolarmente allevati nell’area etnea per le loro caratteristiche di animali utili alla caccia sul tipico territorio vulcanico.
Gli antichi scrittori hanno tramandato la notizia dei mille cani posti a guardia del tempio del dio Adrano che scortavano i visitatori del luogo sacro, proteggendoli se ritenuti puri e sinceri, cacciandoli e assalendoli se ritenuti infidi e male intenzionati. Numerose monete sono esposte nei musei, in particolare in quello di Adrano, dove si vede sul recto la testa di un guerriero con elmo corinzio e cimiero e sul verso il cane cirneco.
In Adrano esisteva il tempio dell’omonimo dio, onorato in tutta la regione.
Il valore politico dell’occasione non sfugge al comandante greco, così l’esercito di Timoleonte, milleduecento soldati, si avvia verso Adrano. Lungo il cammino viene a sapere che un esercito di cinquemila siracusani, sostenitori di Iceta e dei cartaginesi, si muove verso lo stesso obiettivo.
I siracusani arrivano presso Adrano e si fermano per ristorarsi. I corinti si affrettano e, invece di fermarsi a rifocillarsi, assaltano di sorpresa. L’attacco riesce benissimo, i siracusani fuggono sconfitti e da questo episodio comincia l’epopea di Timoleonte.
Per Timoleonte la vittoria di Adrano ha effetti straordinari, i centri della zona gli si stringono intorno,
Una mossa politica magistrale fa nascere la Symmakia, un patto al quale qualunque città poteva aderire senza condizioni, se desiderava liberarsi della tirannia e dal quale si poteva sciogliere in qualunque momento.
Aitna entra nella simmachia, forse intorno all’anno 345 a. C..
Si ritrovano, e sono esposte nei musei, numerose monete denominate “della simmachia”, senza indicazione della città emittente e con i tipi, i segni tipici di Adrano.
Mamerco da Catania offre alleanza a Timoleonte e Dionisio a Siracusa dichiara di volersi arrendere.
A Siracusa, in quel momento la situazione è piuttosto confusa: i cartaginesi occupano il porto, Dionigi il giovane, erede del vecchio, è trincerato nella cittadella e la città è nelle mani di Iceta che vuole diventare il nuovo tiranno della città con l’aiuto dei punici.