Le prime notizie scritte su Inessa le ritroviamo leggendo di Falaride, controversa figura di tiranno di Agrigento tra l’anno 536 a. C. e l’anno 508 a.C. (secondo altri tra l’anno 575 e il 535 a. C.), bersaglio di opinioni calunniose, contraddette da apprezzamenti sulle sue capacità strategiche e sulle sue doti di uomo di governo, di generoso politico e di crudele despota. Il personaggio in questione entra nel nostro lavoro perché si tramanda lo stratagemma da lui inventato per saccheggiare il centro abitato di Inessa.
Scrive lo storico Polieno – Stratagemmi di guerra, libro V, cap. 1 – che Teute, sicano re di Inessa aveva una figlia da marito e Falaride mandò ambasciatori per chiederla in sposa. Con gli ambasciatori mandò anche, su cocchi, un gruppo di giovani agrigentini di bell’aspetto, senza barba e in vesti femminili, che dovevano omaggiare la giovane principessa. Entrati nell’abitato, a sorpresa tirarono fuori dalle vesti femminili le armi nascoste e, insieme a un gruppo armato, si impadronirono di Inessa e la saccheggiarono.
Se ne deduce che Inessa, nel VI secolo a. C., già esisteva da qualche tempo, era fiorente (la più opulenta città sicana), tanto da suscitare la cupidigia degli agrigentini, aveva un re ed era un centro di Sicani, raggiungibile da Agrigento con una strada percorribile da cocchi.
Altra iniziativa di Falaride fu invece sventata da Stesicoro quando il tiranno agrigentino, apprezzato capo militare, inventore della falaride, macchina militare che lanciava contemporaneamente numerosi proiettili incendiari, tentò di farsi nominare a capo della città di Imera nei pressi di Palermo. Gli imeresi lo mandarono a chiamare per offrirgli la guida del loro esercito ma nell’assemblea dei cittadini si levò a parlare Stesicoro, non ancora emigrato a Catania.
L’oratore raccontò ai cittadini presenti un famoso apologo di Aristotele, tramandato anche da Orazio – Epistole libro I n. 10 – a proposito di un cavallo, il quale aveva un pascolo dove scorrazzava in piena libertà. Il cavallo aveva litigato con un cervo e aveva chiesto aiuto ad un uomo. L’uomo si dichiarò disposto a liberare il cavallo dal cervo a condizione che il cavallo accettasse la briglia e si assoggettasse a portare l’uomo in groppa. Stesicoro si era reso conto delle mire di Falaride ed era informato della sua fama.
A proposito del poeta Stesicoro, onorato e celebrato a Catania, dove morì ucciso da un brigante, chi scrive è tra i pochi ad aver visto un interessante monumento, adiacente alla Chiesa del Carmine di Catania, sulla nota piazza del Carmine, che viene ritenuto, con buoni argomenti storici ed archeologici, la tomba di Stesicoro.
La sovrapposizione dei siculi sui sicani è l’effetto di ondate successive di migrazioni di gruppi di persone che si mossero, secondo quanto si tramanda, due secoli prima della guerra di Troia – 1400 a. C. - lungo la penisola italiana, spinti dalla pressione delle genti che incontravano, sulle terre che attraversavano.
Sia i sicani sia i siculi sono ritenuti gruppi facenti parte delle popolazioni che si sono mosse dall’Europa centrale e che si sono spostate progressivamente, fino ad arrivare in Sicilia e distanza di alcuni secoli.
I sicani sono stati ritenuti popoli più impegnati nell’agricoltura e nella pastorizia, i siculi sono considerati un’aristocrazia guerriera, combattivi e decisi a conquistare lo spazio per la vita propria e della propria famiglia. Il loro arrivo sulle coste della Sicilia orientale coincide archeologicamente con un’evidente modifica del modo di vivere delle comunità che vi si erano insediate. I nuovi arrivati spingono i gruppi dei vecchi residenti verso l’interno, alla ricerca di altre terre più sicure e difendibili.