Se qualcuno vi chiede informazioni o notizie sul Castello di Guardiola non vi fate prendere dallo sgomento. Inutilmente correreste a prendere guide turistiche o libri sui castelli. Questo è un argomento di cultura minore, cultura riservata ai curiosi, ai topi di biblioteca, come insinuano le male lingue, in ogni caso patrimonio di appassionati di storia locale. Da parte mia vi posso aiutare con qualche buona indicazione, se avrete la bontà di leggere quanto appresso vi propongo.
Lo scorso anno ho avuto la fortuna di ricevere in dono da mons. Lino Rogai a Fassinoro il lavoro appassionato del prof. Paolo Maglioni “STORIE INEDITE DI CASTELLI ANTICHI: ROCCARANIERI LONGONE SABINO FASSINORO SAN SILVESTRO” Ed. Nobili Sud gennaio 1994, e questo, per me, è regalo molto gradito.
Dalla lettura godibilissima di quel testo ho ricevuto alcuni stimoli che mi è parso opportuno seguire e da qui il lavoro che segue, che forse potrà incuriosire qualche lettore.
Lungo la strada provinciale n. 30, che da Rieti permette di giungere a Vallecupola, s’incontra, nei pressi del Km.10, il borgo di SALA.
Nelle poche case, ancora non allacciate alla rete elettrica dell’Enel, vivono alcune famiglie con un paio di bambini in età scolare. Queste persone per accendere le poche lampadine e rifornirsi di acqua per le necessità domestiche devono avviare tutte le sere un gruppo elettrogeno che fornisce l’energia al motore della pompa di sollevamento dell’acqua e ai pochi apparecchi che utilizzano l’elettricità per l’illuminazione e per l’ascolto delle informazioni.
Certo, di questi tempi, nei quali Internet, satelliti e apparecchiature varie fanno parte integrante della vita di grandi e piccoli, non deve essere facile accettare di vivere in luoghi così discriminati e disagiati
Se poi si pensa che con i pannelli fotovoltaici si potrebbe supplire ai problemi di allacciamento alla rete ENEL con impianti autosufficienti adeguati alle necessità dei pochi residenti, non si può giustificare l’inerzia di tutte quelle strutture organizzate, pubbliche e private che non riescono a risolvere il problema di quella gente con pochi ed efficaci interventi, o meglio ancora ad illustrare a quelle persone le possibilità e le opportunità a disposizione.
In ogni modo, Sala non è nella zona l’unico luogo sprovvisto di energia elettrica permanente e di rete di acqua potabile corrente. A poca distanza, circa un Km, in direzione di Fassinoro, s’incontra una località, indicata da un cartello provvisorio di cartone, denominata Guardiola, dove troverete le stesse limitazioni energetiche, anche se gli abitanti dei pochissimi fabbricati sono solo due o tre e non giovanissimi.
IL LUOGO E IL CASTELLO
Le località di cui parliamo, da qualche secolo sono amministrativamente comprese nel territorio del Comune di Rieti, ma essendo proprietà privata, per entrare occorre chiedere il permesso con la dovuta educazione; gli abitanti con altrettanta cortesia e gentilezza non lo negano.
Nel caso in cui la proprietà di questi luoghi fosse ancora del Corpo Forestale e la gestione appartenesse al Comando della Forestale di Rieti, non sarebbe improprio sollecitare una maggiore attenzione ai problemi dei pochi abitanti, un uso dei boschi aperto al pubblico, in forma ufficiale e non di nascosto, quasi di frodo, per la ricerca dei funghi, per le passeggiate, per la conoscenza del territorio e della vegetazione, con adeguata protezione dell’attività privata di allevamento del bestiame, con adeguata illustrazione come un gran museo all’aperto, perché i monumenti ambientali e paesaggistici meritano certamente una valorizzazione e un’opportuna utilizzazione.
Ma qui voglio parlare di storia per suscitare l’interesse e l’attenzione di quanti hanno a cuore il territorio dove vivono e lavorano.
La definizione dell’edificio di Guardiola come castello potrebbe sembrare eccessiva, tenuto conto dello stato di degrado e della pochezza del fabbricato, ma forse una maggiore attenzione potrebbe ripagare dell’impegno che vi si dedica.
La posizione, come si evidenzia nell’unita carta topografica, da antica data, dal punto di vista militare, è stata considerata particolarmente felice ed efficace per il controllo del passaggio lungo la valle del Turano da e per Rieti verso l’Aniene, fronteggia Belmonte e si trova sullo stesso lato di Roccasinibalda.
La zona dove si trova il castello di Guardiola, in epoca romana, era compresa nella MASSA NAUTONA, area che si stendeva tra la MASSA TORANA e la città di Rieti, nel territorio corrispondente alle PLAIE (PLAGE). La denominazione potrebbe riferirsi al fatto che i terreni inclusi del toponimo erano considerati approssimativamente pianeggianti.
Oggi si può provare ad identificare topograficamente i confini di questa zona. L’ipotesi che si può proporre, con il conforto dei riferimenti sui documenti, è solo un’approssimazione.
La valle del Turano era divisa in due fasce.
La prima (la MASSA NAUTONA) si ritrova da Rieti fino a Rocca Sinibalda e includeva Casa Prota, Torricchia, Pantana, Belmonte, Fassinoro, Roccaranieri e l’interfiume fino al Salto.
La seconda (la MASSA TORANA) andava da Rocca Sinibalda fino a Carsoli, con l’interfiume fino al Salto con Longone, Rocca Vittiana, Vallecupola, Pietra Demone, Castel di Tora, Collepiccolo oggi Colle di Tora, e poi Scandriglia e Monteleone.
Possiamo concludere che la MASSA NAUTONA, cronologicamente formata nel periodo imperiale romano, costituiva riferimento topografico anche in periodo di occupazione barbarica ed era un’entità territoriale assai vasta.
Questa entità territoriale era adiacente alla MASSA TORANA
A partire dal VIII secolo, fu necessario per motivi di amministrazione ed economici identificare al suo interno un territorio, che probabilmente aveva ricevuto il nome in tempi precedenti ed era chiamato la TERRA delle PLAIE o PLAGE.
Un documento del 31 luglio 948 conservato nell’Archivio della Curia Vescovile di Rieti (ACR, arm. IV, fasc. L n.2) contiene la donazione da parte di Aldo, figlio del fu Takiprando – forse il comandante degli armati reatini che cacciarono i saraceni dalla Sabina nell’anno 918 – al vescovo Anastasio di alcuni suoi beni posti nel territorio di Falacrine, località “Colle” e l’accettazione a titolo di enfiteusi di altri terreni nel territorio delle “Plaie”.
Un altro documento del gennaio 982 (ACR, arm IV, fasc. K, n.4) contiene il contratto di enfiteusi tra Giovanni, vescovo di Rieti, e i chierici Giovanni, Benedetto e Stefano relativo ai terreni “in territorio” Plage” dove si trova la chiesa di S.Giovanni Battista nel luogo detto Pretorio , oggi l’abitato di Rocca Ranieri.
Almeno fino all’anno 1500, ma anche dopo, in qualche caso, la denominazione di PLAIE fu comunemente utilizzata negli atti pubblici e in quelli privati, come i testamenti, fu usata per identificare persone anche di ruolo pubblico, fino a quando cadde in disuso.
Il prof. Pietro Carrozzoni nel suo ampio e diligente testo “Un antico borgo sabino Roccasinibalda ed il suo circondario” ed. dalla Comunità montana della valle del Turano 2001, parla diffusamente di documenti e riferimenti dove è richiamata la MASSA NAUTONA
I governanti di Rieti, nel 1282, dopo aver convinto alla ribellione i castelli soggetti all’abbazia di San Salvatore Maggiore, costretti dal papa alla restituzione dei territori sottratti, con acuta lungimiranza, si assicurarono in ogni caso il possesso del luogo fortificato di Guardiola con Sala e tutto l’interfiume per proteggersi da indesiderati visitatori provenienti del Regno di Napoli lungo il Turano, così come gestivano l’altro adeguato luogo fortificato (Calcariola?) che doveva esistere lungo il fiume Salto e il Velino.
Possiamo cercare di porre le bandierine sulla carta topografica del territorio, per immaginare quale estensione avessero nel medioevo la Massa Nautona e la terra delle PLAIE.
L’abbazia di Farfa fornisce un prezioso strumento di conoscenza del territorio, non solo sabino, con i documenti lasciatici da Gregorio da Catino, monaco cui è grata la storia e la cultura, per tutte le notizie che ci ha conservato. Nel Chronicon Farfense edito dall’Istituto Storico Italiano per la cura di Ugo Balzani nel 1903 si possono trovare le numerose tracce che si elencano di seguito:
- il casale “In Plaie casalem unum vocabolo Brustulata” acquisito nel 766 (Regesto Farfense doc. 66);
- il “ in Casa Perotis focularem unum” acquisito nell’anno 776 (Regesto Farfense doc. 96)
- i due “casales pertinentes in curte nostra Reatina, in MASSA NAUTONA, idest Sibianum et Cicilianum”, acquisiti nell’anno 778 (Regesto Farfense doc.116);
- “Unam curtem in Nautona in finibus Reatini et idem domnus Probatus abbas acquisivit terras secus gualdus huius monasterii qui dicitur Tervilianus et in ipsa stat Monumentum caput et casalem Cicilianum et alium in Aiello” (Chronicon Farfense pag. 159);
- “una portione in Pantana” anno 778 (Regesto Farfense doc. 118),
- il gualdo “de Nautona” (Chronicon Farfense pag., 163);
- “casales duos, idest Sibianum et Sucilianum in territorio Reatino, de massa Pretorii “ (Chronicon Farfense pag.165);
- “et in Plaie casalem integrum ubi Sancta Agathes edificata est” anno 790? Al tempo dell’abate Mauroaldo (Chronicon Farfense pag.166)
- “et de curte in Plagie loci qui dicitur Brezenanus » ( Chronicon farfense pag.185) ;
- « et in Massa Nautona casalem Escurianum usque ad casalem de Amiterninis » anno 836 (R.F. doc. 277 Ch.F. pag.198);
- “fundum Cervinariam e fundum Arianum, in quo est ecclesia sancti Paterniani” (Ch.F. pag.200);
- “hic etiam almificus pater quibusdam viris germanis, Provato et Picconi, concessit res et substantias, diebus vite illorom tantum, quas ipsi in hoc monasterium per cartas donationis emiserant, idest curtem in massa Turana, in casale Massiniano et Corneto et civitate et casas colonicas, idest casam Bonousuli, casam Palombi, casam mercuri, casam Maineperti, casam Palumbuli, casam Adudatuli, casam Delicatuli, casam Petri porcarii, casam Petri ferrarii, casam Marioaldi, cum substantia Auduli fratris eius, isti resident in Corneto et in Massugiano” (Ch.F. pag.207);
- “item in massa Nautona, in casale Scuriano, ei in Barbi, in ipso gualdo ordinavit Gaiprandum et Gunipertum, usque in eorum generationem tertiam, ad meliorandum et usufruendum et annualiter pensionem persolvendam in cellam sancti Iustini, ibidem in Nautona, decimatas musti xx, et pullos iii, unum in nativitate Dominum, alium in Pasca, alium in sancte Marie de augusto, item in Massa Torana in Coniolicampi, in monte et plano, ordinavit Rodimundum prebyterum et Benedictum presbyterum….” (Ch.F. pag.211);
Conferma dei beni abbaziali da parte dell’imperatore Ludovico II :
- « fundum Marianum (forse Arianum) in quo est ecclesia sancti Paterniani » (Ch .F. pag.213);
- “ et in Massa Notona, ubi dicitur Casule et Mandrie, et in Pantana, et in Octavo, et in Torricla concessit res huius monasterii quidam Scamperto ad pensionem persolvendam, et in cella nostra sancti Iustini annualiter dandum musti decimatas X et pullos III “ (Ch.F. pag.221);
- “et in Pingui ubi dicitur Plagia et Samena modiorum XVI….concessit Gaiprando (ib.) ;
- « acquisivit …et in Massa Nautona ubi dicitur Busianus omnes res Sindolfi… omnes res et substantias Hermengarde in territorio Reatino, infra Casam Perote per singula loca vel vocabula in monte et in plano” (ib. pag 229).
Nell’elenco delle proprietà perdute dal monastero di Farfa a seguito della sua distruzione da parte dei Saraceni sono riportate:
- “in comitatu Reatini…filius Tudini comitis tenet medietatem de curte sancti Iacobi et Sancti Helie, cum molendinis et pertinentiis, et in Plaie, hec omnia per scriptum. Roccam senebaldi tenet per iniustum concambium ab abbate Iohanne … Franco Rainerii tenet curtem Sancte Agathes et Sancti Iohannes in Tazano… et in Plaie, curtem Sancte Agathe tenent minores homines.” (ib. pag. 248);
Si trova riferimento alla località PLAIE per l’identificazione di persone
- “Ad Margaritam Aderamulus de Plaia tenet petium I de vinee” (ib. pag. 256);
- “il priore Berardo di Piagge insieme con altri religiosi è testimone alla stesura del testamento di Tommaso Alfani nella sagrestia di S.Domenico, per opera del notaio Matteo di Bernabeo il 20 dicembre 1318” (rif. Gli Alfani di Rieti di A. Di Nicola, pag. 23 n.36);
- “Berardo de Plagis, priore di S.Domenico a Rieti vende terre in tenimento di S.Rufina il 23.4.1319 (Documento in Arch. Vescovile Arm. VI fasc. B.);
Se ne deduce che la Massa Nautona identificava, dopo l’occupazione longobarda e poi la conquista franca, un territorio che conservava il nome romano, in cui erano compresi le seguenti località:
- BRUSTULATA
- SIBIANUM (o SUCILIANUM) et CICILIANUM inclusi nella massa Pretorii
- OCTAVO
- PANTANA
- CASA PEROTA
- TORRICLA
- MANDRIE
- CASULE
- SANCTE AGATE
- SCURIANO
- BARBI
- FUNDUM ARIANUM
- CONIOLICAMPI
- Nella massa Nautona c’era un GUALDO (un bosco).
Si ritrovano facilmente località conosciute e abitate ancora oggi.
Il fundum Arianum doveva corrispondere ad un terreno lungo il torrente ARIANA che scorre parallelo al Turano, tra Belmonte e l’attuale via Salaria. Questo corso d’acqua è scavalcato dall’antico tracciato della via Salaria, proprio tra Belmonte e Ornaro da un magnifico manufatto ancora perfettamente conservato e visibile, anche se sommerso dalla vegetazione che ha preso il sopravvento a causa dell’abbandono delle campagne. Si tratta di un terrapieno lungo una quarantina di metri, con un ponte ancora praticabile in opera quadrata, edificato con blocchi calcarei sovrapposti a secco. Le tracce del percorso antico della Salaria sono segnalate dai frammenti di resti archeologici raccolti nelle abitazioni della zona.
Un’opera stradale molto somigliante si ritrova presso Lanuvio dove un gruppo di abitanti hanno riportato alla luce e risistemato con eccellente cura e passione un ponte ( PONTE LORETO del I sec. A. C.) che permette all’antica strada di scavalcare in diagonale un fiumicello, facendone un richiamo turistico e culturale notevole.
Il Michaeli in “Memorie storiche di Rieti”, vol. II pag.115, nota quattro, riporta che “Aldus quondam Takeprandi de Civitate Reatina concede al vescovo di Rieti Anastasio alcuni suoi beni in territorio falagrinense e riceve da lui a terza generazione alcune terre in Plage. Actum in civitate reatina anno 948 pridie kal. Aug. –31 luglio - Regnante Lothario, anno regni eius XIV (archivio cathedralis ecclesie reatine, arm. 4 fasc. L, n.2).
La pergamena è pubblicata in fotografia con il n.48 su “Gli Archivi unificati della Curia Vescovile di Rieti fonte di Storia” di G. Maceroni e A.M.Tassi, a pag. 85.
Paolo Maglioni, che con passione e attenzione scrive “Storie inedite di castelli antichi”, a pag. 10 riferisce di un documento del 1157, riscoperto dal card. I. Schuster, nel quale si registra che il conte Lamberto di Favenza (Faenza) aveva fatto concordia con i monaci di Farfa a proposito del castello delle Plaie che aveva i seguenti confini “ da cima i castelli di Magnalardo e Cenciara, da un lato il fiume Velino, dall’altro la chiesa di S.Angelo nel borgo di Rieti e infine il fiume Turano”.
Così sappiamo che nell’anno 1157 quella zona era ancora rivendicata dall’Abbazia di Farfa.
Sempre dal prof. Maglioni è stata raccolta da altre fonti e riprodotta a pag.12 l’informazione di un documento conservato nell’archivio capitolare di Rieti, datato 1185, nel quale Gentile abate di S.Salvatore concede in enfiteusi a Teodino figlio di Rinaldo e ad altro Rinaldo figlio di Sinibaldo fratello di Rinaldo e pertanto cugino di Teodino la terra conosciuta con il nome “Plaie” un tempo amministrata da un certo Uguicio di San Martino.
I confini erano i seguenti: ” Dal primo lato il fiume Salto, dal secondo lato il territorio della chiesa o ciò che tenete in Porcigliano concessovi dalla chiesa, dal terzo lato il fiume Turano e dal quarto la torre (forse meglio la terra) che fin dai tempi antichi fu “in Pectorina” discende fino al fiume Velino e tende verso il Salto”.
Se il territorio oggetto di questo documento, denominato le Plaie, con lo stesso nome del territorio del documento di Farfa, sia lo stesso, potrebbe essere avvenuto che il territorio in questione era nel frattempo, tra il 1157 e il 1185, passato dal dominio di Farfa a quello di S. Salvatore.
Diversamente potrebbe trattarsi di un’area territoriale con lo stesso nome e adiacente alla precedente.
I motivi a sostegno della diversità dell’area sono da rilevare nella differente tipologia degli atti giuridici, infatti, il primo documento è un patto di concordia mentre il secondo è un contratto di enfiteusi. Questo è un contratto che si stipula tra il proprietario della terra e un altro soggetto che s’impegna a coltivarla e a migliorarla, inoltre i confini dell’area del primo documento fanno riferimento a Magnalardo e Cenciara mentre i confini del secondo citano Porcigliano (oggi Fassinoro) e, com’è evidente dalla topografia, la nuova concessione andrebbe ad includere la zona dove oggi e localizzata Roccaranieri. Inoltre l’atto di concordia è stipulato con l’abate di Farfa, mentre il contratto di enfiteusi è stipulato con l’abate di S.Salvatore, infine nel primo documento si parla di un “castello delle Plaie” e nel secondo si contratta per una terra delle Plaie.
Il toponimo “in Pectorina” è ormai sparito nella nebbia dei secoli, ma se una migliore lettura del documento portasse al termine “Pretorio” si avrebbe una maggiore conferma della localizzazione proposta.
In proposito appare opportuno richiamare quanto scrive il Michaeli in “Memorie storiche della città di Rieti” vol. II, pag. 190, “Praetorium nel 982 (Chronicon Farfense) corrispondeva ai villaggi, alle stazioni itinerarie dei tempi romani” e così era chiamata in antico la località oggi denominata Roccaranieri.
Evidentemente, nell’anno 1157, presso le Plaie esisteva già un castello che il conte Lamberto di Favenza utilizzava per il suo dominio, costruito in precedenza da lui stesso o da altri su terre rivendicate da Farfa, e per il quale fu stipulato con l’abbazia di Farfa l’atto di concordia.
Successivamente, quasi dopo trenta anni, nel 1185, Teodino e Rinaldo prendono in enfiteusi la terra delle Plaie da Gentile abate di S.Salvatore e ampliano il proprio dominio.
A guardare la carta topografica della zona non vi sono dubbi: la terra delle “Plaie” coincide con la zona dal monte Belvedere, sopra Rieti, a Guardiola, Sala, fino a Roccaranieri e alla zona ove un tempo sorgeva la chiesa rurale di S. Lorenzo, ora in rovina.
La identificazione del castello delle Plaie con Guardiola non è una nostra scoperta.
Il prof. Tersilio Leggio, noto storico e valoroso studioso del territorio reatino, vi aveva posto l’accento in occasione di un accurato saggio dal titolo “ I conti di Cunio e la Sabina. Un problema tra storiografia e storia” pubblicato su “Studi Romagnoli” n.41 del 1990, dove in ogni caso oscilla tra questa località e la località di Castelvecchio, forse influenzato dal nome del toponimo.
In verità nell’ampia area delle PLAIE di castelli o di fortificazioni se ne vedono più di uno.
Una torre di fortificazione si può vedere in località Belvedere, ma questa sembra di costruzione più raffinata, evoluta, non proprio in vista della valle del Turano e dovrebbe essere la Torre costruita dagli Alfani nel 1408, che i reatini ritennero una minaccia per la loro città.
La costruzione fortificata dell’abitato di Magnalardo (corruzione del latino MAGNI LARI) ha la caratteristica di abitazione signorile, più che quella di edificio militare di guardia del passaggio lungo la valle sottostante.
Una torre non più esistente doveva sorgere sul monte LA PILA, ma, in mancanza di notizie certe, non è possibile procedere oltre le supposizioni.
La torre di Roccaranieri, che costituisce l’ultima traccia superstite di un fabbricato con caratteristiche militari ormai sparite o stravolte dalle modifiche intervenute nel tempo dalla mano degli uomini, è volta più alla valle del Salto mentre in castello delle Plaie era dedicato alla tutela della valle del Turano.
A sostegno dell’ipotesi soccorre la scheda n. R 1060 pubblicata nella CARTA DEI LUOGHI DI CULTO DELLA DIOCESI DI RIETI a cura di A. Sperandio, vol. I della Regione Lazio dove si legge della Pieve di S. Agata ubicata nel vocabolo Plaia nel toponimo di Sala, citata in una bolla di papa Anastasio IV del 1153. Lo stesso luogo di culto è chiamato S.Agata in Plagiae nel 1182 in una bolla di papa Lucio II, è denominato ecclesia S.Agacte in un documento del 1381 conservato nell’Archivio di Stato di Rieti (vol.VII c.26 v) e in un altro del 1408 (vol.XX c.60r, ), è chiamata ecclesia de Plagis S.Agata nel 1398.
La chiesa è inserita nella mappa n.10 dell’Archivio di Stato di Rieti sez.VIII Sala e Guardiola del 1820 e citata anche dallo studioso prof. Vincenzo Di Flavio nel suo lavoro “Il Registro delle Chiese della Diocesi di Rieti del 1398 nelle MEMORIE del vescovo Saverio Marini” 1989 scheda n.489.
La scheda n.R1 060 riporta che la chiesa di S. Agata apparteneva sin dall’origine alla diocesi di Rieti. Questa informazione dovrebbe significare che quando la cappella fu costruita quella terra era nel dominio di Rieti e del suo vescovo e la concordia con Farfa assume il significato di un riconoscimento della signoria dei Conti di Cunio.
Le chiese esistenti in antico nel territorio delle Plaie, di Guardiola e Sala
- Per la chiesa di S. Agata e per l’insediamento ivi esistente in epoca longobarda, è segnalata la presenza nel Regesto Farfense, pag. 123, n.147, dell’atto di donazione nell’anno 789 da parte dello sculdascio Teudemondo all’abate di Farfa. Questa rappresenta la data più antica di identificazione di un insediamento nell’area delle Plaie. A quella data nella zona esisteva solo la comunità dei monaci benedettini di S. Salvatore che occupavano una villa rustica romana. Un’altra villa rustica potrebbe essere esistita nella zona di COGNOLO (Conioli), se la colonna strigilata utilizzata come sostegno della acquasantiera della chiesetta di Sala e il frammento di epigrafe murato sulla parete del fabbricato (fino a quando, visto che è sparito lo stemma in calcare con monogrammi religiosi posto sull’architrave della porta?) che restituisce un “ …OVI /…IVS . TR . MIL…./ IIII VIR. ne sono le tracce.
Bernardino Tofani suppone l’esistenza di un’altra villa rustica nell’area dove poi sorse la chiesa di S.Lorenzo; - sempre a Guardiola è riportata come esistente nel 1398 (scheda n.R1 110) la chiesa di S. Petrus, ecclesia de plagis, Archivio di Stato di Rieti mappa 10 sez. VII Sala e Guardiola e citata dal De Flavio al n.485. Va assicurato che le persone che oggi abitano Guardiola chiamano la chiesetta esistente S.Pietro, tuttavia il dipinto antico, ma certamente successivo alla fondazione della costruzione che orna l’altare effigia con certezza S.Agata (sulla patena, che tiene in mano, sono visibili i seni, i segni del suo martirio) e una figura di uomo anziano (S.Pietro Martire?), né non è stata segnalata l’esistenza d’altra chiesetta nella zona. La dedica a S.Pietro Martire potrebbe essere un’aggiunta successiva che abbia inteso includere un altro patrono a quello esistente. In ogni caso, se la figura maschile del dipinto sopra l’altare effigia S.Pietro Martire, dovendosi escludere un completamento dell’opera ornamentale in un momento successivo, bisogna ammettere che la denominazione alla sola S.Agata sia incompleta e imperfetta fin dall’inizio;
- nella stessa zona esisteva nel 1398 un’altra ecclesia de plagis dedicata a S.Andreas anche questa del 1398 (scheda n. R.1063);
- mentre la chiesa di S.Angelus de plagis nella stessa zona di Sala è citata in un documento dell’Archivio Capitolare di Rieti arm. VI fasc. G, I nell’anno 1205 e
- la chiesa di S.Salvatore, ecclesia de plagis (scheda R.1115), è nell’elenco delle chiese redatto dal vescovo Marini e riportato dal De Flavio al n.486.
- Ancora nel 1398 è citata come esistente nella zona di Sala la chiesa di S. Paternianus, ecclesia de plagis, oggi non reperita, che nel 1408 era chiamata S. Patrignanus, registrata in un documento dell’Archivio Capitolare di Rieti vol.20 c.57r e da De Flavio riportata nella scheda n.490 del suo lavoro del 1989.
Nel privilegio dell’imperatore Ludovico II rilasciato nell’anno 817 al monastero di Farfa, tra gli altri è elencato il FUNDUM MARIANUM, in quo est ecclesia Sancti Paterniani Tra le località elencate nel privilegio rilasciato dall’imperatore Lotario nell’anno 840 riportato nel Cronicon Farfense (pag.200) è segnalato un “fundum Arianum in quo est ecclesia Sancti Paterniani”. Per il FUNDUM ARIANUM l’ipotesi che si può formulare, tenuto conto della necessità di ritrovarlo lungo la valle del Turano, è che si potrebbe trattare di un terreno ubicato in prossimità del torrente (o fosso) ARIANA, nei pressi di Belmonte e in tal caso il riferimento a Sala è assolutamente fuorviante.
La topografia attuale (tavoletta dell’I.G.M.) della zona intorno a Fassinoro, adiacente a Sala, registra un fosso RIANA che ha inizio lungo il lato sinistro della Strada Provinciale n.30 all’uscita di Fassinoro in direzione di Rieti, incide sensibilmente il terreno verso valle in direzione di Belmonte, e termina nel Turano in corrispondenza della località TORONE (Torrione?), ma qui nessuno conferma l’esistenza di una località o chiesa di S. Paterniano o Patrignano né di una torre costruita dagli Alfani e distrutta dal Comune di Rieti nel 1408.
Esiste un riferimento, nella memoria di persone della zona, ad una torre ubicata sul colle APILA, nell’area di Sala, torre demolita in epoca abbastanza recente da entrare nella memoria delle persone anziane della zona.
Si deve segnalare che l’inizio del fosso RIANA si sviluppa lungo la località, nota oggi come MADONNA dei CIGNALI (meglio definita Madonna di LICIGNANO o LICINGIANUS), ma questa località non sembra avere attinenza con quella di cui si è detto sopra.
Nella località TORONE, il viaggiatore che percorre la strada di fondovalle del Turano da Rocca Sinibalda in direzione di Rieti può vedere un muro antico in rozzo OPUS RETICULATUM, evidenziato nel nuovo Museo Archeologico di Rieti tra le emergenze romane sulle quali converge l’attenzione degli studiosi.
In località S.Paterniano dovrebbe ritrovarsi traccia di una fortificazione edificata dalla famiglia ALFANI, della quale il comune di Rieti nel 1408 ebbe ad ordinare la demolizione, in occasione degli eventi descritti nelle “Riformanze” custodite nel locale Archivio di Stato. La torre era considerata una minaccia per la città.
Un gruppo di edifici, tra cui una chiesetta, abbandonati e fatiscenti che potrebbero corrispondere a quanto sopra descritto si ritrova lungo la strada provinciale n.30, in corrispondenza dei terreni dei marchesi Cappelletti sul monte Belvedere, lato opposto alla località Fascianelli.
La chiesetta abbandonata da mons. Rogai di Roccaranieri è ritenuta quella dedicata a S.Quirico.
- È interessante segnalare l’esistenza nella zona di Sala della chiesa di S.Maria de Monte, ecclesia de plagis, definita monasterium di S.Maria de Monte nel 1438 e confusa con una chiesa di S.Maria de monte “Nigro”esistente nei pressi di Poggio Fidoni nel 1614. Nella scheda R1101 è riportata come esistente nel 1398 e annotata dal vescovo Marini al n.492 del suo elenco redatto nel 1779-1813, dove è detto “Questo monastero è diruto e giova credere che stesse verso le Piagge, per la via di S.Salvatore sopra Sala di Rieti”. La notizia dovrebbe spiegare il toponimo oggi esistente, nei pressi di Sala, che ha nome “Castelvecchio”.
- 8) Occorre evidenziare che nei pressi di Rieti, sul monte Belvedere, esisteva nel 1398 la chiesa di S.Quiricus (scheda n. R1113) definita ecclesia de plagis, in Archivio di Stato di Rieti mappa 8 sez.VII Belvedere e Di Flavio n.491 e da questo si dovrebbe dedurre che la zona chiamata “Plaie” includeva il monte Belvedere a conferma dei confini descritti nel contratto d’enfiteusi del 1195 con l’abate Gentile.
- S.Anatolia, ecclesia de plagis, a Sala, ma oggi del tutto ignota;
- S. Vittorino di Casette (frazione di Rieti lungo il Salto sulla via Cicolana), ancora esistente, è detta ecclesia de plagis; il riferimento conferma l’inclusione dell’area nei confini antichi sopra citati.
- S. Lorenzo de Maclis, ecclesia de plagis, in località Sala. Potrebbe trattarsi di S.Lorenzo di Antignano e l’ubicazione di questa chiesa ai margini della zona delle PLAIE avrebbe una logica. La chiesa andò distrutta, insieme con l’insediamento di cui era parte, nel XII secolo, per opera di Ranieri di Cunio, fondatore di Rocca Ranieri e conquistatore di Antignano, come si legge su una epigrafe collocata sulla porta del borgo vecchio di Rocca Ranieri.
- S. Maria di Sala, ecclesia de plagis, chiesa oggi esistente nel borgo di Sala e festeggiata ogni anno con la denominazione di Madonna delle Nevi. La chiesetta è data esistente nel 1398 ma risulta rifatta in epoca recente e non conserva nulla dell’antico edificio. Non vi è traccia di altri riferimenti cultuali riguardanti santi diversi.
I numerosi luoghi di culto elencati come esistenti in antico, oltre ad essere utilizzati per il ricovero di attrezzature e materiali che non era opportuno trasportare avanti e indietro dall’abitato al luogo di lavoro, luoghi rispettati e protetti dalla tutela religiosa manifestamente efficace nella mentalità del tempo, evidentemente rispondevano alle esigenze della popolazione, che doveva poi provvedere alle necessità degli officianti e a quelle delle celebrazioni religiose.
Sarebbe possibile organizzare una piccola caccia al tesoro per rintracciare sul territorio questi luoghi di culto con la loro attuale denominazione.
LA COSTRUZIONE
Una data di edificazione del fortilizio delle Plaie non è reperibile sui documenti. Si può pensare che, se la fortificazione è opera dei conti di Cunio, dovrebbe immaginarsi all’epoca del loro arrivo nella zona. A questo fine Paolo Maglioni, op. cit. pag. 10, ricorre alla concordia tra l’abate di Farfa e il conte Lamberto di Favenza stipulata nell’anno 1157.
È ricordato anche un contratto di enfiteusi per la medesima area tra l’abate di Farfa e un conte Tediano o Tedino nell’anno mille. Considerata la ricorrenza del nome nella famiglia dei Conio, anche questo Teduino potrebbe far parte della stirpe.
Tuttavia la ricostruzione della genealogia dei conti di Cunio delineata da Mauro Banzola in “I conti di Cunio fra Romagna e Sabina. Un approccio prosopografico” in Studi Romagnoli pag. 378/414, non è di aiuto per l’identificazione delle persone citate poiché il primo componente del lignaggio sarebbe un Ugo di cui si hanno notizie tra il 1110 e il 1128, ma che dovrebbe essere vissuto più a lungo.
In ogni caso questi personaggi si sono mossi dalla Romagna dove non erano gli ultimi arrivati ma dovevano già avere una posizione e un rilievo politico e militare, se l’imperatore Federico Barbarossa (1125 – 1190) ne fece dei compagni (comites) e sostenitori e affidò loro un ruolo nella Sabina.
La stessa data è ritenuta valida per la fondazione di Roccaranieri, come se il conte Ranieri, a sua volta, abbia costruito il suo maniero, diverso dal primo, nel territorio dell’abbazia di S. Salvatore Maggiore.
Intanto a Guardiola la presenza fin dall’VIII secolo della chiesa di S. Agata e di un insediamento, tale a giustificare la pieve, la parrocchia, certo di carattere rurale ma in ogni caso di dimensioni non trascurabili, rende credibile l’apprestamento di una fortificazione.
Questo edificio fu modificato e ristrutturato dopo il 1300 per opera di un “ magistrum Jacobum lombardum de Varesio muratorem” esperto di opere fortificatorie (Leggio, Le fortificazioni a Rieti pag. 80).
Le feritoie verticali, con in basso la parte circolare per il passaggio della canna dell’arma da fuoco, tipiche per l’uso di archibugi, esistenti sulle torri manifestano i restauri successivi all’introduzione delle armi da fuoco, quando l’uso di queste attrezzature divenne sufficientemente diffuso nella zona e testimonia un lungo uso della struttura, almeno dal XII secolo al XV secolo.
Le altre fortificazioni della zona, Roccaranieri, Magnalardo, Belvedere, non mostrano le feritoie per gli archibugi
Il fabbricato della Guardiola oggi si presenta massiccio, su un gradino di roccia calcarea prospiciente la valle, con due torri semicilindriche, del diametro di circa sei metri, alte una diecina di metri (non è facile rilevare misure esatte, a causa della fatiscenza degli edifici, della limitata accessibilità e del fatto che sono ancora in parte abitati) legate ad una serie di fabbricati, alcuni rinnovati di recente, intorno a una corte, utilizzati da poche persone come abitazioni, come stalle, come rimesse di mezzi agricoli, come ricoveri di animali. Esiste la cappella-chiesa di S.Agata con altare e campanile a vela con campana.
Il complesso delle costruzioni ha in pianta la forma di due ferri di cavallo affrontati e separati dagli accessi.
Si ritrovano evidenti le tracce delle chiusure a sbarramento e a protezione poste sulle vie di accesso e ora eliminate.
S’intravede un’antica cortina muraria di recinzione, inglobata nei fabbricati di data recente e parti di un’edilizia remota assai danneggiata e stravolta. Dall’esterno s’intravede un tamponamento della muratura nello spazio adiacente alla chiesetta dove forse esisteva in antico un altro accesso poi chiuso. L’unico accesso oggi aperto e praticabile fronteggia quello antico che appare chiuso.
In aggiunta alle torri semicilindriche oggi esistenti, avremmo dovuto trovare, ai vertici opposti del fabbricato, verso la valle del Turano altre due torri o, forse, due torrioni quadrati.
Sarebbe stato logico avere le fortificazioni verso la parte da proteggere, e invece verso valle le difese sono sparite.
Una spiegazione potrebbe trovarsi in quanto riferisce il prof: ANDREA DI NICOLA a pag. 106 del bel lavoro su “GLI ALFANI DI RIETI” ed. Comune di Rieti 1993, quando descrive gli eventi quali sono registrati negli Atti delle Riformanze custoditi nel locale Archivio di Stato.
Risulta che la parte guelfa, preso il potere nel comune, ordinò il 5 giugno 1425 l’abbattimento delle torri di Poggio Bustone e “De Plagis”, simboli rispettivamente di Matteo Poiani e di Rinaldo Alfani e, perciò, definite abitacula tirampni.
Una torre “De Plagis” era stata fatta costruire da Rinaldo Alfani nel 1408, il quale poi aveva dato l’ordine agli abitanti di San Patrignano di abitarvi. La registrazione nelle Riformanze in data 28 ottobre 1408, citata a pag.72, parla della torre e del fortellizio noviter edificatum in cacumine montis conspectu civitatis Reatinae in contrata Plagiarum per spectabilem dominum Rainaldum de Alphanis.
Così descritta la torre corrisponde a quella del monte Belvedere, diversa da Guardiola.
Le rovine sul terreno dicono ancora qualcosa ma è veramente poco. Le fondamenta non sono più visibili.
Così com’è, infatti, appare illogico che le strutture di difesa si trovino sul lato verso il crinale mentre la postazione era concepita a protezione e a guardia del percorso di fondo valle.
Va sottolineato che il tracciato della via Salaria antica si snodava in parallelo al corso del fiume Turano ma lungo la valle al di là di Belmonte, mentre un altro antico percorso seguiva il corso d’acqua, itinerario questo utilizzato, tra gli altri, dall’esercito di Corradino di Svevia diretto alla sconfitta decisiva dei Campi Palentini e alla morte nella piazza del mercato di Napoli.
La tecnica edilizia rilevabile dalle parti più antiche dell’edificio, secondo gli studi di Elisabetta De Minicis e Enrico Guidoni pubblicati su “Case e torri medioevali” II ed. Kappa, Roma, 2001, appare tipica dei fabbricati del XI, XII e XIII secolo, ed è evidenziata dalla tessitura “a tufelli”, tipica di una tecnica piuttosto rozza che utilizza materiale locale appena sbozzato e squadrato per renderlo idoneo alla muratura da edificare.
L’approvvigionamento idrico oggi è assicurato da una sorgente lontana qualche centinaio di metri, ma dovrebbe potersi trovare il vecchio condotto di adduzione idrica all’interno della fortificazione, come era usuale nei fabbricati di questo tipo.
L’antico condotto deve essere stato distrutto in antico in qualche azione di guerra e mai più ripristinato.
Nella provincia di Rieti si può trovare un edificio similare a Torri in Sabina, località Rocchette, anche questo di proprietà della famiglia dei conti di Cunio.
Le notizie sulla storia di Guardiola ci dicono di un provvedimento preso con decreto dalla comunità di Rieti nel 1408, allorchè tutti gli abitanti della villa di S.Agacte furono trasferiti d’autorità nella villa di Sala (scheda n.R1060).
Occorre spiegarsi quando e perché LE PLAIE cessarono di chiamarsi con questo nome e venne fuori il nome di SALA.
Il termine SALA riferito al territorio è ritenuto di significato simile a FARA, in altre parole di luogo dove s’insediano gruppi familiari con vincoli di solidarietà sociale e organizzativa, è, da alcuni autori, connesso alla conquista longobarda e si ritrova in altre località italiane (es. Sala Consilina).
In realtà la voce SALA o SALUNG, nel diritto germanico, comprendeva tutto il cerimoniale previsto per i passaggi dei diritti relativi alla proprietà immobiliare non formalizzati diversamente.
Da quanto precede, con i Longobardi, Sala non sembra aver avuto connessioni di alcun genere. Il nome del luogo fu prima quello di Massa Nautona, successivamente si specificò quella parte conosciuta come Plaie o Plagis e solo in seguito si parla di SALA. Il primo riferimento, raccolto successivamente anche da altri, è quello del vescovo Marini, il quale nel 1779, nell’elenco delle chiese soggette alla curia di Rieti include “S. Maria di Sala” sulla strada per S. Salvatore.
A questo punto, affermare l’identità delle località delle Piagge, con l’area occupata dal Comune di Rieti nel 1282 a danno dell’Abbazia di S.Salvatore e parzialmente restituita al monastero che aveva reclamato al papa, non dovrebbe ritenersi avventato.
Nel caso sia da ritenersi corretta l’identificazione dell’area tra il Salto e il Turano con quella denominata in antico “PLAIE” o “PIAGGE”, la citazione riportata dal Michaeli in “Memorie storiche…” vol. II pag. 115, nota 4: “Aldus q.m Takeprandi de civitate reatina concede al vescovo di Rieti Anastasio alcuni suoi beni in territorio falagrinense e riceve da lui a terza generazione alcune terre in PLAGE”, Actum in civitate reatina anno 948 pridie kal. Aug. Regnante Lothario, annum regni eius XIV (Arch. Cath. Eccl. Reat. arm.4, fasc. L. n.2. appare come la più antica segnalazione del toponimo.
All’abbazia furono restituiti nel 1284 i territori della parte delle PLAIE con i centri abitati di S. Silvestro, di Cenciara, di Roccaranieri e di Concerviano, mentre furono lasciati al Comune di Rieti i centri abitati e i territori delle PLAIE comprendenti Magnalardo, Sala, Guardiola dal Turano fino al Salto e al Velino con Grotti e Casette.
Il motivo, in forza del quale il Comune di Rieti potè pretendere di conservare quella parte dei territori prima in potere dell’abbazia, non è noto e potrebbe ipotizzarsi con il fatto che quelle terre erano in possesso dei discendenti dei conti di Cunio, in quel tempo confluiti nella famiglia dei conti di Mareri.
I conti di Cunio nelle Plaie
La presenza della famiglia dei Conti di Cunio nella Sabina viene fatta risalire ai tempi dell’arrivo dell’imperatore Federico I Barbarossa (1125- 1190).
Il Prof. Tersilio Leggio, che si è occupato della questione con l’abituale accuratezza e diligenza, nel suo lavoro “I Conti di Cunio e la Sabina” pubblicato in Studi Romagnoli 1995, indica nell’anno 1157 la data certa della loro presenza, come rilevato su un provvedimento di papa Adriano IV che univa il territorio del castello abbandonato di Tribuco al territorio di Bocchignano e in quella occasione aveva dovuto tacitare le rimostranze del conte Lamberto e dei suoi figli Raniero, Geberardo, Unrocco e Gerardo.
Gli storici sono concordi nel riconoscere in questo folto gruppo di potenti sostenitori e accompagnatori dell’imperatore, con il quale avrebbero potuto avere non provati legami di parentela, un rilevante ruolo di fedeli garanti degli interessi imperiali nella Sabina.
I comites anche se non erano parenti dell’imperatore, essendone feudatari investiti e incaricati di amministrare terre e castelli, erano impegnati a fornire armati e sostegni di ogni genere per tutte le necessità del titolare della corona.
Le capacità personali consentivano di acquisire proprietà e potere nei luoghi di insediamento, di allacciare legami di carattere economico e legami familiari, di crescere nella scala sociale e di assicurare alla famiglia e alla parte politica rilievo e considerazione.
I conti di Cunio avevano anche radici consistenti in Romagna dove a Faenza ancora oggi sono ricordati nelle feste rievocative.
Famiglia molto prolifica viene ricordata da Dante Alighieri nel canto XIV del Purgatorio quando inveisce “Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia;/ e mal fa Castrocaro e peggio Cunio, /che di figliar tai conti più s’impiglia” infastidito dalla numerosa e turbolenta presenza di tanti discendenti.
L’irritazione di Dante contro le famiglie numerose, in controtendenza all’opinione popolare che riteneva l’abbondanza di braccia nella famiglia un indubbio recupero sulla mortalità infantile e sulla scarsa longevità degli adulti, era motivata dalla invadenza e dalla prepotenza dei nobili nella vita quotidiana di chi nobile non era e doveva solo subire e tacere.
Il Barbarossa ebbe a manifestare la sua benevolenza verso il vescovo di Rieti Dodone (1137- 1180), che prese sotto la sua speciale protezione, ma in questo comportamento viene visto un intento politico di legare alla fedeltà imperiale l’esponente di un territorio ai confini con il regno normanno e con l’area di interesse della Chiesa romana.
I Conti di Cunio si vantavano di aver ricevuto dall’imperatore Federico un diploma, che il notaio Amico di Calisto da Bocchignano afferma di aver visto e attentamente letto in occasione della stipula di un atto a lui richiesto. Il documento non più reperito è molto sospetto.
Comunque siano andate le cose di certo abbiamo che i conti di Cunio in Sabina risultano in possesso dalla metà del XII secolo di beni nel territorio del castello abbandonato di Tribuco, del giuspatronato sulla chiesa rurale di S.Filippo, nei pressi del Tevere, del castello e del porto di Gavignano e della zona circostante.
Nel reatino i Conti di Cunio erano in possesso del Castrum Plagiarum e di un palazzo a Rieti vicino alla chiesa di S.Giorgio, verso la porta della via Salaria in direzione di Antrodoco.
Ad un Ranierius Cuniarius è attribuita la fondazione di Roccaranieri, intorno al 1159- 1160.
A Roccaranieri esiste una fortificazione che si vuole edificata dal conte a difesa del percorso di fondovalle del fiume Salto, diversa dal castello delle Plaie, che invece guarda il fiume Turano. Tuttavia la guardia al Salto sembra più efficacemente effettuata dal castello di Calcariola e da Cenciara piuttosto che da Roccaranieri.
Il prof. Leggio ipotizza che il Castrum Plagiarum possa ritrovarsi a Castelvecchio, un toponimo esistente oggi nella zona di Sala, ma il fabbricato ivi esistente non conserva alcuna forma antica né alcuna impostazione di edificio difensivo e infine non è neanche il vista del fiume Salto.
Le persone del luogo chiamano la stessa località “Monasterio vecchio”, e questo fa tornare in mente il monastero di S.Marie de Monte di cui si è detto prima.
Il castrum Plagiarum dovrebbe invece identificarsi, come lo stesso prof. Leggio alla fine conferma, con il castello di Guardiola, edificio e territorio che con Sala rimase nella disponibilità dei conti di Cunio anche dopo che il territorio delle Plaie passò dalla proprietà dell’abbazia di S.Salvatore Maggiore alla amministrazione del Comune di Rieti.
I conti di Cunio fin dall’inizio della loro presenza nel Lazio, forse su suggerimento dell’imperatore di cui erano fedeli sostenitori e rappresentanti, avviarono una politica di imparentamento con le più importanti famiglie nobili romane: i Sant’Eustachio, gli Iaquinti, gli Orsini, i Frangipane e a Rieti i Mareri. Il loro prestigio sociale si accrebbe per il ruolo svolto da personaggi accorti e capaci nel campo religioso come fratello Ignazio, visitatore generale dei Gerosolimitani cavalieri di S.Giovanni, nel campo militare come il celebre Alberico da Barbiano capitano di ventura che imperversò su tutta la penisola al servizio di tutti i più potenti principi italiani. Tuttavia con il tempo i loro obiettivi e i loro interessi presero direzioni diverse e così abbandonarono le proprietà reatine per dirigersi altrove.
A questo furono spinti anche dai contrasti con altri potenti come il cardinale Baldassarre Cossa, oppure da altri motivi.
Per l’”integrum tenimentum castri Plagiarum” risulta, da un contratto rogato il 20 febbraio 1347 dal notaio Amico di Calisto di Bocchignano, tra l’abate di Farfa Nicolò II, che ne aveva ancora la proprietà, e i reatini Luca Canali e Nicolò Alfani il rinnovo della locazione perpetua a seguito della donazione contrattata tra Alberico da Barbiana e il figlio del defunto conte Nicolò della famiglia di Cunio da una parte e gli stessi Canali e Alfani dall’altra.
La circostanza che fino al 1347 il castello di Guardiola fu gestito dalla famiglia di Cunio, il cui potente rappresentante, Alberico da Barbiana, capitano della Compagnia di S. Giorgio, la celebre compagnia di ventura che in quel periodo mise tutta l’Italia a ferro e fuoco, non è di poco conto.
Il palazzo di S. Giorgio che i Cunio possedevano a Rieti presso la chiesa di S. Giorgio fu concesso a Teodino, Pietro e Carlo, fratelli di Cecco Alfani nel 1344. come riferisce Andrea Di Nicola in Gli Alfani di Rieti, 1993 pag. 47,
Alberico da Barbiana ebbe a svolgere il suo apprezzato lavoro al servizio della Regina Giovanna di Napoli anche a Rieti, nei primi giorni dell’agosto 1380, ma poi si accontentò, forse in ricordo dei suoi legami con la città, di un riscatto di soli 150 scudi per abbandonare la zona.
In seguito ebbe l’incarico di comandante generale dello Stato Pontificio e dopo passò al servizio degli Sforza di Milano e dove si imparentò con quella famiglia e con quella dei Belgioioso. Le vicende familiari e patrimoniali di questa nobile stirpe è stata oggetto di accurate ricerche non sempre coronate da successo, considerata la prolificità e le conseguenti ramificazioni delle parentele.
Giuseppe Chisari
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