L’idea di partecipare alla Roma per Tutti ci è venuta, come sempre capita, per caso; una sera cercavamo di fissare la data per un’uscita del tutto tranquilla, dopo alcuni mesi di inattività, e invece...
Il Cristobal, con i suoi 12,5 metri fuori tutto, non è un’imbarcazione nata per correre, ma per affrontare il mare in sicurezza, come dimostrano le forme tradizionali, l’abitabilità e le linee d’acqua molto marine. È pesante ma stabile; questo ci conforta dal momento che non siamo molto allenati al mare grosso: nessuno di noi fa lo skipper, e, a parte Franco, il comandante, per noi questa è la prima regata d’altura. Comunque non abbiamo la possibilità di fare alcun allenamento, anzi è dallo scorso settembre che, per via dei soliti mille impegni, non usciamo… Sappiamo di non essere competitivi; la sfida è esclusivamente con noi stessi: fare un lungo percorso con il solo ausilio del vento. Per non strafare, abbiamo deciso di partecipare alla versione “ridotta” della regata, la Cruise: 280 miglia da Riva di Traiano a Capri e ritorno.
Ludovico è l’unico di noi che ha fatto regate “serie” nel campionato invernale, un campionato poco noto al grande pubblico, ma combattuto da tanti appassionati con vero accanimento, e da cui sono nati vari skipper di livello mondiale. Lui ci serve da “tattico di combattimento” nelle (poche) occasioni di confronto diretto con gli avversari… ma è anche un eccellente prodiere ed ha guadagnato sul campo il titolo di cuoco “ufficiale”.
Michele è il più spericolato; qualsiasi missione per risolvere le piccole emergenze di bordo è sua, dallo sbrogliare l’MPS incaramellato al riparare in navigazione l’impianto elettrico che ha un problema; in questa occasione ha anche funzionato da addetto alla logistica, provvedendo a tutte le operazioni di preparazione alla partenza (piombatura del motore, documenti, dotazioni di rispetto…), ed addetto alle comunicazioni radio, oltre ad essere il “mago del GPS”.
Luca è il “factotum”; grazie alla sua abilità manuale è in grado di riparare e costruire, ed è inoltre l’addetto alle fotografie digitali che invierà in tempo reale sul sito Web per i nostri amici, oltre ovviamente alle manovre ed al timone... Sue note peculiari la seraficità e l’immancabile toscano acceso nei momenti di relax.
C’è poi Franco, il nostro munifico Comandante ed armatore, un curriculum di navigatore in tutto il mondo, oltre ad essere il meteorologo ufficiale è il pilota di porto, lo stratega, ed in definitiva “la saggezza” del gruppo.
Infine ci sono io, il “derivista” del gruppo, con la passione del timone, delle traversate notturne, della regolazione delle vele e della ricezione radio, oltre ovviamente a redigere questo diario di bordo…
Durante il viaggio da Roma osserviamo con una certa apprensione il mare; nei giorni scorsi c’è stata burrasca e ci sono ancora ondate altissime, che frangono ancora lontane da riva. Non si può non pensare a come ce la caveremmo in mezzo ad una simile bufera…
All’imbocco del porto è impossibile passare e, ci dicono, con un tempo così la partenza sarà sicuramente rinviata. Ma il vento non è così forte, e probabilmente domani la situazione sarà più tranquilla. Nel porto l’atmosfera è calma; se non fosse per i giornalisti che girano dappertutto ed il molo di transito pieno di barche coi numeri di regata sembrerebbe una giornata qualsiasi. Ci impressiona la copertura giornalistica dell’avvenimento: domani diretta televisiva; interviste e telecamere; è tangibile il crescere dell’attenzione verso la vela nel nostro paese. Sul molo presso l’ingresso svetta l’impressionante altezza dell’ancor più impressionante “CRS International Network”, già noto come “Innovation Explorer”, il catamarano classe Open appena arrivato della leggendaria “The Race”, il giro del mondo a vela senza scalo. Talmente veloce che, teoricamente, potrebbe percorrere le 535 miglia del percorso lungo in meno di 24 ore, è lui la star della manifestazione, che mette ingiustamente in ombra le altre barche partecipanti, alcune delle quali spettacolari gusci da corsa, altre elegantissime e veloci regine dei mari. Ci sentiamo un po’ orgogliosi, un po’ fuori posto, nello stare in mezzo ad una simile parata di esperti navigatori, di equipaggi allenatissimi, di investimenti stellari, in cui tuttavia tutti si trattano da amici e si danno pacche sulle spalle… Non avremo forse sopravvalutato la nostra limitata esperienza? Forse non ci siamo resi conto delle difficoltà? Ci siamo ricordati di portare proprio tutto quello che potrà servirci? Ci saremo portati troppa roba inutile? C’è gente che per la regata scarica anche i WC… E nel frattempo ci scorrono in mente le immagini di film come “La tempesta perfetta” e “L’ammutinamento del Bounty”…
Dopo aver ammirato le altre barche, ci incamminiamo lungo la diga foranea per andare a vedere “Innovation Explorer” da vicino; a tratti sordi rumori, vicini al limite inferiore dell’udibile, ci ricordano la violenza delle ondate che frangono dall’altro lato della diga, come un immane bestione chiuso in gabbia affamato di preda; spesso le ondate riescono a superare la diga e, cadendo a pochi metri da noi, sembrano zampate alla cieca ricerca di una vittima… Guardando l’imboccatura del porto, ogni tanto, per qualche secondo anziché il cielo si vede passare una muraglia d’acqua alta qualche metro. E noi dovremmo uscire da lì?
Ma anche Innovation Explorer sembra un gigante buono, in grado di combattere ad armi pari con la bestia là fuori. Le sue dimensioni sono impressionanti come le sue prestazioni, snocciolate su alcuni pannelli posti sul molo. Somiglia più ad un’astronave che alle cugine con cui condividerà il percorso. Dopo una cambusa decisamente esagerata (“ma in mezzo al mare non ci sono supermercati!”), gli ultimi preparativi, ed una cena di autoincoraggiamento, ci accingiamo a passare la nostra prima notte in barca…
Giorno 22, ore 11: Partenza della “Roma x 2”
Il vento è ancora piuttosto forte, il tempo molto nuvoloso, le ondate, sebbene molto ridotte, sono ancora poco rassicuranti; il nostro Comandante ci dice che pensa seriamente di non partire. Il nostro spirito non è quello di fare una regata a tutti i costi per far contento lo sponsor, ma fare una navigazione sia pur faticosa ma non rischiosa. Le previsioni meteo sono contrastanti; c’è chi dice che farà bel tempo – il che sembra assurdo, con la pressione a 986 hPa – e chi prevede pioggia e rovesci. Se anche il tempo volgesse al bello, c’è da aspettarsi, a spanne, vento a 30 nodi per almeno un paio di giorni (ed in effetti così sarà). Siamo perplessi ed indecisi mentre assistiamo dal molo alla partenza della prima delle tre versioni della regata: la “per 2”. Da una parte l’apprensione è al suo massimo, dall’altra ci dispiace enormemente, dopo preparativi sia pure minimi ma per noi sempre faticosi, e soprattutto dopo il piacere di aver messo piede in barca, abbandonare senza neanche tentare. Le interpretazioni delle carte meteo si susseguono, i gommoni trainano fuori le altre barche, ed un elicottero riprende tutto sopra di noi; all’improvviso si apre il cielo, ed il sole trasforma la scena ricordandoci che il mare sa essere anche un amico. Sarà forse per questo che il comandante cambia idea: “usciamo, eventualmente facciamo sempre in tempo a tornare dentro”. Durante tutto il viaggio, sornione, ci ripeterà: “sappiate comunque che io ero del parere di non partire…”.
Giorno 22, ore 13,30: Partenza!
Cristobal a vele spiegate (meglio, srotolate) affronta il mare. Appena uscito dal porto si è sentito nel suo elemento naturale, e ce lo dimostra con la sua tranquilla navigazione sulle acque che ci avevano messi in apprensione il giorno prima. C’è il sole, ed è una festa di vele tutt’intorno a noi, dove si mescolano barche piccole e grandi, in attesa del segnale di partenza. Forse ci sono già accanite lotte, ma noi non ce ne accorgiamo nemmeno; stiamo ancora prendendo confidenza… Dopo mezz’ora di pretattica (consistente nell’evitare di andare addosso a qualcuno), la radio annuncia il via; partiamo quasi ultimi, ma a noi va benissimo così. Dopo la seconda boa di disimpegno issiamo l’MPS, con i tempi tranquilli che ci contraddistingueranno per tutta la regata… Ora siamo probabilmente ultimi. Il vento è esattamente quello che ci vuole per correre, 20/25 nodi da NO, il che vuol dire un gran lasco, e tale rimarrà per tutto il percorso verso Capri; sebbene siano le condizioni ideali per le prestazioni velocistiche degli scafi piatti da regata (decisamente favoriti sul nostro), molti pagheranno questa dovizia di vento con qualche rottura e si dovranno ritirare: ben 10 sui 25 della regata versione “Cruise”.
Grazie all’uso di un bompresso, recente innovazione del comandante, Cristobal sotto MPS comincia a correre come forse non ha mai fatto… 8 nodi, 8 e mezzo, 9, 9,5… Il log (è diventato ottimista anche lui) segna un massimo di 9,9 nodi! Ci troviamo ingaggiati con altre due barche, e, visto che siamo in regata, ci divertiamo a dare battaglia, io al timone e Ludovico che fa da tattico: “passagli sopravvento e rubagli il vento, no, orza, prendi velocità, attento che c’è l’altro…”. Siamo sottovento ad una barca, e siamo più veloci, ma appena ci troviamo sotto al loro Spinnaker il sorpasso viene abortito… dopo il terzo attacco, però, grazie ad un provvidenziale abbuono di vento al momento giusto riusciamo a passare. Ora c’è quella sottovento; qui è più facile, riusciamo a raggiungerla e rubargli il vento. Proseguiamo bene per una mezz’ora, aumentando il nostro vantaggio, anche se a momenti la barca parte in straorzata e non è facile controllarla (il windex segna 22/27 nodi); poi rimaniamo vittime della mancanza di allenamento: durante una straorzata a Luca sfugge la scotta, e rimaniamo con l’MPS in bando per parecchi minuti, prima di riprendere la situazione… Alla velocità di “soli” 6,5 nodi veniamo raggiunti nuovamente. Riusciamo comunque a resistere per un po’, ma il vento si è fatto più rafficato, e, in concomitanza con certe ondate, succede che l’MPS si incaramella. Anche qui qualche minuto perso, ma dopo due o tre volte riusciamo ad imparare la manovra necessaria per risolvere quasi sempre subito la situazione. Proseguiamo qualche ora sotto MPS a 8,5/9,5 nodi, il tempo è bello e le onde al mascone di poppa perfettamente controllabili; poi, davanti a Tor Vaianica, l’MPS, al quale avevamo evidentemente chiesto troppo - anche in relazione alla sua veneranda età -, esplode… Tutta la parte inferiore è ridotta in brandelli; con delusione lo togliamo e proseguiamo con il genoa al suo posto. Addio speranze di partecipare alla prossima coppa America! Pensiamo piuttosto ad andare avanti…
Proseguiamo la nostra navigazione con un vento eccezionale, che sembra volerci prendere in giro per le nostre paure della partenza, mentre il windex rinforza fino 30 nodi, ed arriva a toccarne 40, poi cala leggermente. Verso il tramonto scapoliamo la punta di Anzio.
Appena tramonta il sole la temperatura cala sensibilmente. È solo la prima avvisaglia di una fredda notte. Siamo tutti abbastanza contenti; la velocità che teniamo è molto buona (viaggiamo costantemente oltre i 7 nodi), ma soprattutto dopo mesi di stressata vita cittadina siamo stati ancora per una volta catturati dalla magia della vela, che ci regala la vista di spazi sconfinati, l’azzurro del cielo, le nuvole di cui, mentre scorrono sulle nostre teste, tentiamo di afferrare il linguaggio, i colori del tramonto che le incendiano, mentre viaggiamo veloci spinti dal vento... Abbiamo deciso di fare turni di tre ore, due persone alla volta, a partire dalla mezzanotte, il comandante si alzerà per darci assistenza quando necessario, come un comandante che si rispetti. Io monterò di guardia alle 3 di notte insieme a Ludovico, che intanto si esibisce con delle penne al pesto. Poi andiamo a dormire per essere svegli all’ora convenuta, mentre Michele e Luca sono al timone. La prima notte in navigazione non va molto bene: sono piuttosto teso; la situazione è inusuale per il mio organismo, che reagisce con un’attenzione esagerata. Non posso fare a meno di pensare a cosa succederebbe se durante la notte urtassimo un ostacolo galleggiante… Ho la sensazione di non riuscire ad addormentarmi, però non mi pare che siano già passate tre ore da quando mi sono messo a letto, quindi suppongo di aver dormito almeno un paio d’ore. Quando Luca mi chiama, coperto come uno sciatore (guanti e sciarpa compresi), ho la sensazione che emani un alone di freddo attorno a sé. E adesso tocca a me, là fuori, con la temperatura in ulteriore calo. Come resistere? Mi copro di tutto punto, pile e giaccone pesante, ma quando usciamo fuori la situazione non mi sembra così drammatica. Il freddo è sopportabile; e la navigazione notturna mi affascina enormemente. L’occhio dopo alcuni minuti raggiunge una sensibilità enorme; si vede a perfezione la sagoma del Circeo. Verso costa c’è una lunga teoria di luci; è una costa che conosco bene, e riesco ad identificare Latina mare, Sabaudia, Torre Paola. Sulla destra un’altra manciata di puntini bianchi e arancio nel buio è l’isola di Ponza. Sul mare poche luci, qualche sciabica, nessuna barca a vela. Siamo soli, viaggiamo al gran lasco spinti dallo stesso vento costante della partenza, che ci libera dal bisogno di bordeggiare, e il frusciare delle vele e lo sciabordio del mare sono gli unici rumori che sentiamo, e che sentiremo per altri due giorni. Il mare è mosso, giusto per ricordarci la sua potenza di ieri. Sulla terraferma si intravedono nuvoloni, ed ogni tanto si vede un lampo. Per fortuna il vento ha fatto piazza pulita di fronte a noi.
In mare i tempi si dilatano, e con qualche chiacchiera il turno passa rapidamente, anche se non è successo praticamente nulla, solo l’apparire del faro che si trova sull’altro versante del Circeo, e di una debolissima luce in mezzo al mare che solo molto più tardi identifichiamo con l’isola di Ventotene. Abbiamo deciso unilateralmente di allungarci il turno di mezz’ora per poterci poi svegliare più tardi… Nell’ultima mezz’ora il freddo mi sembra più intenso, e con mio sollievo alle 3,30 ci facciamo dare il cambio.
Giorno 23: Avvicinamento a Capri
Verso le 6 del mattino mi sveglio tremante di freddo. Eppure sono già copertissimo, non c’è nulla che possa fare di più per alleviare il freddo; mi alzo e vado a cercare al buio qualcosa da mangiare per carburare, cercando di non fare rumori svegliando gli altri – preoccupazione inutile, la barca è già tutta un rumore. Ho dormito malissimo, sono cotto dal sole di oggi e dalla stanchezza di ore al timone, ho freddo e la barca continua a oscillare, le previsioni meteo non sono buone e non sappiamo se il forte vento aumenterà ancora facendo crescere anche il mare. E siamo si e no ad un quarto del viaggio. Mi coglie la depressione. Avevo tanto desiderato una regata d’altura e sono già distrutto. Ma chi me l’ha fatto fare? Non avrò sbagliato sport? Sono seriamente in dubbio se continuare. In questo momento mi rendo conto dell’importanza della cosa che sto facendo: ormai non posso più dire “scusate tanto, mi sono sbagliato, questa regata è fatta per gente molto più resistente di me”: ci sono dentro con tutto me stesso, e so che, comunque vada, questa è un’esperienza che mi lascerà qualcosa. Per fortuna la crisi di freddo passa, e mi rimetto a dormire. Un’ora più tardi, un buon tè caldo mi rimette provvisoriamente in sesto, ma la mancanza di sonno si sente. Fa freddo, ma per fortuna c’è il sole, e con Franco ci godiamo la tranquilla sagoma delle isole di Ventotene a destra e di Ischia a sinistra; Ludovico, mio compagno di turno, dorme beatamente. Passiamo accanto all’isola di S. Stefano, saranno circa le 10 del mattino, e vediamo un’altra barca in regata; ci passiamo vicini, poi però noi, costretti dalla mancanza dell’MPS (ottima scusa…) a tenere una rotta abbastanza orzata, ci allontaniamo. Evidentemente gli altri sono molto più sottocosta. Finalmente, parecchie ore dopo, viriamo, per la prima volta da ieri, in direzione di Capri. Il vento dapprima sembra calare verso i 15/17 nodi, poi ricomincia ad aumentare mentre gira più a sud, e cominciano ad apparire strati nuvolosi; è il primo segno di una nuova perturbazione in arrivo. Man mano che ci avviciniamo a Capri il vento sale, e così il mare. Mentre ci avviciniamo alla boa che segna la metà del nostro viaggio, altre tre barche concorrenti si avvicinano; è incredibile, nelle regate d’altura, come si possano passare giorni in mezzo al mare apparentemente da soli, ognuno impegnato chissà dove ad inseguire il vento per conto suo cercando di interpretarlo meglio degli altri, per poi trovarsi in prossimità della boa a pochi metri di distanza…
La vicinanza della boa rinnova le nostre energie: stanchi, ma siamo arrivati a metà del viaggio… Passiamo la boa di Capri il giorno 23 alle 16:31; abbiamo percorso 140 miglia in 27 ore, con una media di 5,2 nodi, buona per la nostra barca, considerando anche la rottura dell’MPS. Siamo penultimi, e nel frattempo dieci imbarcazioni si sono ritirate, mentre un’altra lo farà durante il ritorno. Solo Cristobal sembra non avere nessun tentennamento.
Alla virata davanti al faro di Capri si dimostra tutta la nostra mancanza di allenamento: con un vento oltre i 25 nodi e mare formato, stavolta dobbiamo risalire di bolina, e decidiamo di issare una trinchetta e ridurre la randa. La manovra però riesce alquanto penosa: prima si incattivisce la randa sul rollaranda, per cui occorre rialzarla e poi ridurla nuovamente; poi, issando la trinchetta, ci accorgiamo di aver dimenticato un elastico, e con la barca che sbatte di prua Michele deve precipitarsi a slegarla; infine, cazzando la scotta, è incastrata su una copiglia delle sartie, e deve di nuovo intervenire Michele. Intanto dal comitato di Regata ci ripetono per radio che hanno registrato il passaggio, e possiamo invertire la rotta: hanno paura che sbagliamo strada…
Cominciamo così faticosamente la risalita di bolina. La visibilità è scesa, e c’è un denso strato di nuvole su di noi. La barca è sicura ma lenta, poco oltre i 5 nodi, ed il mare continua a crescere. Dopo l’esaltazione di aver girato la boa, e neanche ultimi come credevamo, mi infilo nel sacco a pelo piuttosto sfiduciato, con la paura di un fortunale in arrivo, che obblighi ad abbandonare, o quantomeno ci blocchi per molto tempo in un ridosso, e mi domando se non abbiamo preteso troppo ad arrivare fin lì. Le “brande calde” (perché c’è sempre qualcuno che dorme…) sottovento sono entrambe occupate; ammucchio via tutte le cerate, i giacconi e l’altro materiale da una cuccetta sopravvento e mi ci tuffo sopra; però il cuscino scivola sulla tavola sottostante; così lo tolgo e dormo direttamente sulla tavola. Nonostante tutto sono talmente stanco che mi addormento quasi sul colpo; per lo meno in questa regata imparerò a dormire come un vero duro…
Giorno 23, ore 19,30: Inizia la notte spettacolare…
Durante la mia prima notte quasi insonne ho imparato a riconoscere tutti i rumori sottocoperta. C’è lo sbattere delle vele; c’è un fruscio del passaggio dell’acqua sullo scafo; ci sono gli scricchiolii dello scavo sotto raffica; c’è lo sbattere dello scafo sull’ondata più alta delle altre; c’è poi un rumore come di una bottiglia che viene riempita e svuotata continuamente, che attribuisco ai tubi delle prese a mare; ed infine c’è come il rumore di un ruscello, la turbolenza dell’acqua che scorre intorno a qualche struttura. È proprio questo rumore che mi colpisce al risveglio; è particolarmente forte, segno che stiamo correndo… Si balla, ma non siamo molto sbandati. Mi affaccio al pozzetto. È il tramonto, e l’ultima luce del giorno illumina le facce dei miei compagni di viaggio concentrate come quelle di piloti di formula uno… Anche il comandante è curioso: “Quanto facciamo?” “Circa 8,5 nodi. È così da più di un’ora”. Incredibile: dopo che sono andato a dormire, il vento è calato tanto che quasi non ci si muoveva più; hanno ridato molta randa e genoa, lasciando anche la trinchetta, passando ad un inusitato armo a cutter; il vento ha girato al traverso e poi rinfrescato fino a 20/25 nodi… La situazione è esaltante, adrenalinica, e tutti ci adeguiamo. Scherzo “Con questo mare, mi sa che questa sera niente spaghetti…”; Ludovico, per tutta risposta, mette una pentola sul fuoco e ci prepara un risotto (precotto) ai carciofi; nonostante lo sbandamento e soprattutto i salti sull’onda, la pentola rimane saldamente sul fornello, quasi partecipe anche lei della sfida. Ma col mare che c’è è decisamente un azzardo; c’è chi ha seri problemi con lo stomaco e chi teme di averne… a parte il comandante, che ci dà uno schiaffo morale facendo il bis ed innaffiandolo per giunta con un paio di bicchieri di Morellino di Scansano. La nostra seconda notte in navigazione comincia comunque sotto i migliori auspici.
Com’è la vita in una barca a vela, sbandata per il vento, e per giunta sbattuta dalle onde? Quella che in porto sembra una solida e pesante signora del mare, in navigazione diventa simile ad un turacciolo in balia delle onde. Sottocoperta ogni riferimento è perso; si cammina puntellandosi ed aggrappandosi ad ogni passo, ingombranti esseri obliqui rispetto al resto del mondo, solidali solo con gli altri oggetti liberi, che animati da una forza misteriosa tendono a rotolare, a cadere, a saltellare fino a raggiungere tutti un angolo dove il caos tocca il suo culmine. Anche le paratie, però, a tratti sembrano animate da forze misteriose e ti vengono addosso, se non sei veloce a schivarle. L’interno di una barca è stretto, ma quando è sbandata anche cose apparentemente banali come rimanere in piedi, andare al bagno o centrare il tambucio salendo la scaletta, magari mentre si tiene in mano un piatto di pasta, sembrano diventare sfide per contorsionisti o equilibristi; si rimpiange di non essere mostri a tre braccia... Eppure barca sbandata vuol dire vento, e vento vuol dire velocità; così ci adattiamo di buon grado a questo continuo esercizio di cambiamento di coordinate, aggirando astutamente il problema del mal di mare in agguato con la cena in pozzetto, dove però la pasta si raffredda in pochi secondi per via del vento. Da ricordare, comunque: mai risotto col mare grosso.
Dopo cena mi metto al timone. Ischia ora è alla nostra destra, e la sua alta sagoma è punteggiata da decine di puntini luminosi bianchi e arancione, vividissimi, che la rendono simile ad un presepio… anzi, ad un immenso, torreggiante, incomprensibile mercantile, con centinaia di ponti… C’è un vento caldo, che non dispiace affatto. Ma, visto che rinforza sempre più, decidiamo di ridurre nuovamente randa e genoa. Decisione quanto mai opportuna: aumenta ulteriormente fino a superare i 30 nodi, e la velocità è ancora oltre gli 8 nodi.
Si fa buio. La barca cavalca le onde furiose come un cavallo al galoppo, mentre in cielo le nuvole si muovono veloci verso est, macchie scure su un cielo insolentemente stellato in una notte così. Davanti a noi sta passando un fronte occluso, ma non sappiamo ancora che quella linea ornata sulla cartina meteo la incontreremo viva e reale davanti a noi … Tutt’intorno, in lontananza, vediamo parecchi scoppi di lampi, che ci rammentano le nevicate e grandinate che gli amici ci hanno comunicato dalla terraferma. Ma quando passiamo noi, sembra che il vento ci abbia preceduto spazzandoci davanti il cammino; per tutto il viaggio, in effetti, non prenderemo neanche una goccia di pioggia. Ischia si allontana lentamente dietro di noi; nel buio alla nostra sinistra iniziano a spuntare le luci di Ventotene, mentre alla nostra destra la costa è sormontata, fin dove arriva l’occhio, da una enorme massa nuvolosa nera, che si perde davanti a noi… Nelle zone scoperte di cielo vediamo qualche stella cadente, ad aumentare la magia della notte (ne abbiamo viste moltissime per tutto il viaggio). Mentre il vento rinforza gradualmente e gira nuovamente al lasco, lo spettacolo che mi si presenta è tale che penso mi rimarrà impresso per tutta la vita: vediamo ingrossarsi ed ispessirsi alla nostra destra la massa nuvolosa, fino a quando si forma una sottile e lunga striscia luminosissima, in cui la luce dei centri urbani si riflette sulla base del cumulonembo; le masse scure del mare e delle nuvole sembrano voler schiacciare da un momento all’altro nella loro morsa quella sottile striscia che per noi rappresenta la civiltà umana… Sarebbe stupendo poter fissare quello spettacolo terribile con una fotografia, ma in effetti nessuna foto sarebbe minimamente in grado di restituire una simile vista.
Ormai è mezzanotte passata, e mentre stiamo sempre cercando di capire cosa ci sta succedendo attorno, all’improvviso una raffica d’aria fredda e, di colpo, il vento gagliardo che ci aveva accompagnato per un giorno e mezzo finisce di colpo! La scena è stupefacente: il salto di vento è talmente rapido che tutti a bordo si svegliano e corrono in pozzetto per capire cosa sia successo. Il mare adesso è, sebbene non pericoloso per Cristobal, molto seccante perché incrociato, e non c’è modo di prenderlo in modo meno fastidioso. Due o tre volte vediamo emergere come dal nulla una piramide d’acqua molto più alta della murata e sollevare la barca sbatacchiandola come un fuscello. Cerchiamo in ogni modo di uscire dalla bonaccia, ma senza nemmeno una bava di vento non possiamo nemmeno mantenere la prua, ed ovviamente non possiamo avvalerci del motore… Sulla nostra testa, intanto, titaniche masse nuvolose si scontrano, si aprono e si disfano (segno che lassù il vento c’è eccome!); poi il cielo torna stellato… Rimaniamo più di un’ora in questa situazione deprimente, mentre sulla nostra testa continuano a rimescolarsi rade masse nuvolose e si ricomincia ad insinuare la paura di rimanere bloccati lì, in quel mare infido, tanto da costringerci al ritiro. Lascio il timone a Ludovico, per il resto dell’agitata notte senza vento…
La mattina successiva mi sveglio intorno alle 10, e ci siamo mossi solo di poche miglia, siamo ancora al largo di Gaeta. Al timone c’è Luca; il vento è arrivato e poi è calato di nuovo, e siamo di nuovo a velocità prossima al nodo. Faccio colazione e salgo in pozzetto. Il teatro meteorologico della notte ha lasciato il posto ad una mattina tersa, assolata, che, se non fosse per la temperatura appena primaverile, potrebbe sembrare pieno agosto… Il mare è blu intenso, calmo e limpido, la costa ben visibile, verrebbe voglia di buttare l’ancora e tuffarsi per un bel bagno. Oggi però vorremmo piuttosto un po’ di vento; e, per sottolineare questa necessità, provo a regolare un po’ le vele. Eolo risponde con un soffio ancora un po’ incerto, che ci accelera pian piano… 2 nodi, 2,5, 2,9, 3… E continua a salire. Dopo mezz’ora Cristobal avanza baldanzosa con vento di bolina ad oltre 5 nodi, dopo un’ora siamo a 6,5 nodi. Cominciamo un lungo bordo per doppiare il Circeo; il vento finalmente si è messo nella sua direzione naturale, come noto a tutti i velisti, ossia spira esattamente da dove dobbiamo andare noi… E comunque alcune ore dopo cala nuovamente; al tramonto, appena al traverso del Circeo, siamo nuovamente in bonaccia. Il mare, ieri così ostile, oggi è calmissimo, si ode solo un delicato sciabordio… ci ricorda certe tranquille cene in rada. E così non ci facciamo sfuggire l’occasione: Ludovico prepara delle penne al pomodoro, olive e capperi, ed un’insalata che ci pare deliziosa, tutto innaffiato da ottimo vino… La sera, in pozzetto, si chiacchiera amabilmente, si fuma un toscano, si osservano le stelle e le luci del Circeo, di Torre Paola, di Ponza, di Ventotene (si vede ancora!). Ad un tratto però osserviamo: “Mi pare che si vedano meno di prima…”… ci mancava anche questa: sta scendendo la nebbia! Il calo di temperatura è notevole, c’è tanta condensa che il ponte sembra essere stato innaffiato con la pompa, ed a ogni lieve sbattuta della randa sembra che piova. Oltretutto ci si sono rotte le luci di via, e quelle di rispetto accusano qualche problema. Ma ormai nulla può più scuoterci; vado a dormire dopo mezzanotte, per una volta di un sonno tranquillissimo e riposante, dolcemente cullato; per una notte così tranquilla basta il solo timoniere, e quello è Michele…
Giorno 25, ore 6,30: Si riparte!
Poco dopo l’alba monto di guardia insieme a Luca, Michele è rimasto al timone per tutta la notte e ci racconta un improbabile incontro con un mercantile nella nebbia per il quale non ci facciamo sfuggire l’occasione di prenderlo in giro. Il vento ci ha lentamente accompagnati in vista di Anzio, che doppiamo circa un’ora dopo. Finalmente è moderato e costante, il mare tranquillo, e ormai sappiamo che l’arrivo è alla nostra portata. Sappiamo anche di essere probabilmente ultimi, e, anche per non aggiungere altre voci all’elenco già non trascurabile dei danni e rotture, decidiamo di non forzare viaggiando con la massima rilassatezza. La mattinata scorre allegramente; intorno a mezzogiorno siamo di fronte ad Ostia, il punto più vicino a casa nostra, quasi come omaggio tiriamo un bordo fino quasi alla costa; il golfo è verde smeraldo, luminoso per il sole splendente; se a bordo di una delle tante barche a vela che ci girano intorno c’è qualcuno alla sua prima uscita, non potrà non essere contagiato da questa magia…
Pranziamo con un ottimo risotto a cura di Luca e Michele, ridiamo e scherziamo, mentre la provvista di vino si assottiglia sempre di più. Dopo un’ora squilla il cellulare di Michele: “Cristobal?” “Si” “Che fate, arrivate?”… Anche il comitato di regata ci ha dati per dispersi: si vede che da Capri è partito il consiglio di tenere d’occhio quei pivelli; ridiamo per un quarto d’ora, mentre pensiamo che ormai anche a Tunisi si attendono l’apparizione di una barca con cinque squinternati che chiedono la strada per Riva di Traiano… Mentre si consumano le ultime foto del rullino, finalmente siamo in vista dell’arrivo.
Giorno 25, ore 17: Arrivo
Tagliamo il traguardo ultimi ma felici; dall’inizio dell’avventura sono passati poco più di tre giorni, ma sembra un’eternità. Il cambio di ritmo di sonno, la tensione, l’alternanza tra scoraggiamento ed esaltazione, tra giorno e notte, tra forte vento e bonaccia, ci hanno regalato sensazioni che non potremo più dimenticare. Probabilmente all’inizio, fino a qualche giorno prima della partenza, non ci rendevamo conto delle difficoltà e della fatica che devono sopportare gli equipaggi in regata, soprattutto quelli per nulla allenati; quando ce ne siamo accorti, ormai eravamo in corsa, e per fortuna non ci siamo tirati indietro. Ci ha sostenuti dapprima la prospettiva di rinunciare se ci fossimo resi conto di non essere all’altezza dell’impresa. Ma una volta in navigazione ci siamo resi conto che si trattava di un’esperienza troppo totale, troppo coinvolgente per essere vissuta con distacco. E ci siamo appassionati alla sfida.
All’arrivo ci aspettano un piatto di penne fumanti a cura dell’organizzazione (ottime per chi arriva primo, perché evidentemente per fare più in fretta si sarà cibato solo di scatolette, ma noi… ci sacrifichiamo al doppio pasto caldo lo stesso!), e la videoregistrazione della partenza… A rivederci tre giorni prima, seppure inquadrati così fugacemente, ci viene un po’ di tenerezza. Seduti al bar, per la prima volta senza dover tenere il piatto con una mano per paura che scivoli via, ci assale una strana sensazione: prima eravamo tesi verso l’arrivo, ma ora, circondati da una folla di persone indaffarate, che pensano solo ad afferrare le ultime ore libere prima del ritorno al lavoro… ci viene voglia di mollare tutto e ripartire, ridiventare parte di quello spettacolo che sono il mare, il cielo, le luci notturne... di riprendere quel ritmo immutabile ma appassionante di albe e di tramonti, di sole abbacinante e di buio assoluto, con la sola preoccupazione di entrare in sintonia col mare e col vento. E anche il comandante ci dice un po’ commosso: “non volevo partire, ma adesso sono veramente contento di averlo fatto”.
Tre giorni dopo abbiamo riportato alla sua base Cristobal. Il mare era tranquillo, il vento costante, e per la prima volta ci siamo messi a fare esperimenti e regolazioni per migliorare la VMG con varie velature. Ci siamo anche resi conto che le manovre ci vengono ora più veloci e naturali, ed abbiamo perfino concepito di misurare dati per la tabella delle polari… Curiosamente tutto dopo la regata e non prima; ma evidentemente abbiamo già cominciato ad allenarci per la prossima! Dopo aver sviluppato le foto di questi giorni, mi hanno detto tutti che sono bellissime… Ma io so che non era affatto difficile: era tutto uno spettacolo, talmente bello che le foto sono solo un pallido ricordo. Così come è un pallido ricordo quella targa avuta alla premiazione. La vera targa ce l’abbiamo nel cuore, e speriamo di tenerla bene in vista anche in quei giorni in cui, presi dai pensieri di tutti i giorni, sommersi dal lavoro, riceveremo una telefonata… “Che facciamo sabato prossimo, si esce?”.